Sodomie legislative

Oggi vi parlo di una cosa che attiene ad ogni genere di
essere umano. Tutt* abbiamo un culo e sappiamo bene quanto alcun* soffrano nel
vederlo muoversi liberamente e godano nel vederlo costretto, prigioniero e
apparentemente senza vie d’uscita. I sodomiti di questo bel tempo si chiamano
“governo di centro/sinistra” che in consiglio dei ministri hanno licenziato –
tra gli altri – un disegno di legge che pare scritto proprio da Mastella (forse
che non esistevano abbastanza leggi per far chiudere i blog di satira che lo
hanno eletto protagonista?) o da certa 
strafinanziata e stracoccolata lobbies editoriale che odia vedere circolare idee libere.

Si tratta del
Ddl di regolamentazione del mercato editoriale in cui si fa una
riclassificazione generica del "prodotto editoriale" (comprendendo
anche i blog e ogni altra cosa – anche se no profit – che dia
informazioni e abbia "valore formativo") e obbliga tutti ad iscriversi
nell’apposito registro. Chi è obbligato all’iscrizione al registro
risponde anche dei reati a mezzo stampa con pene gravi (in basso
analizzo il Ddl in dettaglio).

In Italia non
c’e’ libertà d’opinione e questo già lo sapevamo. In Italia non si può fare
satira. Non si può scrivere narrativa con riferimenti casuali al papabile di
turno e non si può neppure fare una citazione breve senza correre il rischio di
essere denunciati per violazione di copyright. Ma non basta. Secondo alcuni "esperti" il mercato sarebbe ancora messo in
crisi da tanti che facendo uso della tecnologia esistente possono fare gratis una cosa semplicissima:
scrivere quello che pensano e raccontare quello che vogliono raccontare. Pare
proprio però che questa cosa non vada bene perché in fondo il nostro governo sente ancora il
vento gelido dell’impero romano papalino sul collo e ci vuole dire che per
esprimere quello che pensiamo dobbiamo ancora ricorrere alle pasquinate scritte
sui muri (tanto qui ci pensa il pacchetto sicurezza che punisce i graffitari).


Ancora una
volta la rete, il web,
diventa quindi oggetto di provvedimenti
restrittivi, repressivi che sono mirati a censurare idee e a piegare la
tecnologia al controllo di pochi cui non fa comodo che la gente si
parli
attraverso mezzi che non siano le chiacchierate in parrucchieria o al
mercato.
Riferirsi opinioni sulla rete, su blog personali e pagine varie, non
andrebbe
bene perché avrebbero “valore informativo e formativo”. Il disegno di
legge fa una cosa
furba: non dice quali sono le categorie di siti aventi “valore
informativo e formativo” ma
rimanda al “regolamento” che farà l’organo di controllo (l’autorità per
le
comunicazioni) di esecuzione di questa legge. Sarà proprio l’autorità
per le comunicazioni quindi a stabilire di volta in volta (secondo
quali criteri? Chi fa parte
dell’autorità per le comunicazioni?) quale sito ha “valore formativo” e
quale
no.

Prima di analizzare il Ddl vi passo un po’ di link di siti che si stanno occupando della questione: Repubblica, Punto Informatico, l’Unità, Articolo 21, Agenzia Asca, Petizione Online, Petition, Google Bombing/Partito Pirata, Agorà di Cloro
(con un interessante post che rileva le dichiarazioni di Boris
Bianchieri il quale dice che i blog sono tanti e spontanei e hanno
bisogno di essere regolamentati con una registrazione/schedatura anche
gratuita), Lobotomia (con link ai pezzi che parlano della questione).

Passiamo al dettaglio del
Disegno di Legge:
“Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo
per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore
editoriale (3 agosto 2007)”

Nell’articolo 2 si definisce il prodotto editoriale e
testualmente cito:

1. Per prodotto editoriale si intende qualsiasi
prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di
divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali
che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene
diffuso.

2. Non costituiscono prodotti editoriali quelli
destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il
pubblico.

3. La disciplina della presente legge non si applica
ai prodotti discografici e audiovisivi.”

 
In poche parole
dice che tutto ciò che viene pubblicato
(volantini, strisce di fumetti, quaderni politici, how to e manuali tecnici,
blog, pagine di informazione indipendente open publish, etc etc) è un prodotto editoriale. Mantenendo
la formula generica si riserva di farlo decidere dopo all’autorità per la
comunicazione che dipende direttamente dal governo che in quel momento sarà in
carica. Non che vi sia differenza. Ma il giudizio è discrezionale e sa tanto di
organo di controllo delle idee e dei cervelli. E chi
controlla il controllore? 

Dai prodotti editoriali
vengono esclusi quelli di
informazione aziendale privato e pubblico: report, relazioni,
regolamenti
interni e descrizioni al pubblico di servizi (Curioso: nell’attività
pubblicitaria, di marketing quindi non si giudica vi sia valore
"formativo"). La legge non
contempla regole che riguardano i prodotti discografici o audiovisivi.
Cioè da
ora in poi se vogliamo comunicare possiamo registrare un mp3 e
pubblicarlo
online o un video con la nostra bella faccia che esterna
peggio che cossiga :).

Nell’articolo 3 dal titolo “tutela del prodotto
editoriale” si dice:

“L’originalità
del prodotto editoriale è riconosciuta e tutelata come espressione
dell’intelligenza e del lavoro della persona. La protezione della
proprietà intellettuale sul prodotto editoriale tiene conto
dell’interesse generale alla circolazione delle informazioni e alla
diffusione della conoscenza.”

Significa
che con la scusa della tutela della “espressione dell’intelligenza” estendono le norme sulla “proprietà intellettuale” su ogni cosa che secondo loro è
“prodotto editoriale”. Rafforzano il concetto secondo cui quando fai copia e
incolla da un sito al tuo blog devi pagare cassa a qualcuno. Rafforzano il
concetto del furto via internet continuando a interferire con la libera
circolazione delle idee e con la libertà di espressione. Perciò è importante
usare licenze free (no-copyright, copyzero, creative commons) che impediscano che si facciano ragionamenti di questo genere. Ti dicono che ti stanno tutelando e in realtà ti privano di un bene comune prezioso: le idee, il
sapere, la conoscenza.

Nell’articolo
4 si parla di prodotti integrativi o collaterali:

"Per prodotti editoriali integrativi o collaterali si intendono i prodotti editoriali, compresi i prodotti discografici e
audiovisivi, diffusi unitamente al prodotto editoriale principale. I prodotti
editoriali integrativi o collaterali seguono il regime giuridico applicato al
prodotto principale al quale sono uniti."


Dimenticate
quello che abbiamo detto prima: se aprite un blog e ci mettete dentro un video
o un audio forse si tratterebbe di prodotti integrativi e collaterali.

Nell’articolo
5 si parla di “esercizio dell’attività editoriale”:

"Per attività editoriale si intende ogni attività
diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla
relativa raccolta pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può
essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative."


Cioè:
quando vi mettete a realizzare un sito o un pamphlet e poi lo pubblicate (in
rete la distribuzione equivale alla pubblicazione dato che sei fruibile nello
stesso momento in cui pubblichi) anche in forma “non imprenditoriale” e non
“per finalità lucrative”, pure se è gratis insomma e se si tratta di
volontariato, la vostra sarà definita attività editoriale e sarà normata
secondo le leggi vigenti.

Nell’articolo
6 viene formalmente istituito il ROC ovvero il registro degli operatori di
comunicazione
dove obbligatoriamente bisognerebbe registrarsi:

"1. Ai fini della tutela della trasparenza, della
concorrenza e del pluralismo nel settore editoriale, tutti i soggetti che
esercitano l’attività editoriale sono tenuti all’iscrizione nel Registro degli
operatori di comunicazione, di cui all’articolo 1, comma 6, lettera a), numero
5, della legge 31 luglio 1997 n. 249. Sono esclusi dall’obbligo della
registrazione i soggetti che operano come punti finali di vendita dei prodotti
editoriali.

2. L’iscrizione al Registro degli operatori di
comunicazione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni dei quotidiani e
dei periodici, e sostituisce a tutti gli effetti la registrazione presso il
Tribunale, di cui all’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Sono fatti
salvi i diritti già acquisiti da parte dei soggetti tenuti a tale registrazione
in base alla predetta normativa.

3. La tenuta del Registro degli operatori di
comunicazione è curata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai
sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5, della legge 31 luglio
1997 n. 249.

4. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta un regolamento per l’organizzazione e la tenuta del Registro degli
operatori di comunicazione e per la definizione dei criteri di individuazione
dei soggetti e delle imprese tenuti all’iscrizione, ai sensi della presente
legge, mediante modalità analoghe a quelle già adottate in attuazione del
predetto articolo 1, comma 6 della legge 31 luglio 1997 n. 249 e nel rispetto
delle disposizioni già contenute nell’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948,
n. 47."

Istituisce
il ROC (chissà quanto costerà questa operazione) che di fatto corrisponde ma
non sostituisce il Tribunale. Vincola all’obbligo di registrazione e assegna il
controllo del Registro all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni cui
spetta anche il compito di adottare un regolamento in cui definisce i criteri
di individuazione dei soggetti obbligati all’iscrizione.

L’articolo
7 è quello in cui si parla proprio di internet e in cui vengono definite le
responsabilità penali aggravate da questo disegno di legge:

"(Attività editoriale su internet)

1. L’iscrizione al Registro degli operatori di
comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale su internet rileva
anche ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai
reati a mezzo stampa.

2. Per le attività editoriali
svolte su internet dai soggetti pubblici si considera responsabile
colui che ha il compito di autorizzare la pubblicazione delle
informazioni."

Se si è obbligati
a iscriversi al Registro si è anche soggetti alle pene (parliamo anche
di galera) derivanti i reati a mezzo stampa (diffamazione). Il
responsabile che paga – cui viene attribuita la pena – secondo
l’articolo 7 di questa legge sarebbe chi ha il compito di autorizzare
la pubblicazione delle informazioni (come se vi fosse ovunque un
caporedattore). Dopo aver dunque costretto (patriot act a varie
leggi antiterrorismo) i provider e varie altre entità a loggare
(memorizzare
dati per poi consegnarli alle autorità quando essi ne fanno richiesta),
spiare,
controllare, ora – con questo disegno di legge molto di sinistra
(scherzo!) –
obbligano colui o colei che ha aperto e gestisce un blog (in assenza
del blog
e del nome di chi lo gestisce si rifanno a colui o colei che ha
registrato il dominio del sito) a fare
attività di controllo sui commenti pubblicati e ad autocensurarsi
perché magari
pronunciare invano il nome di “Mastella” o parlare del Papa diventa un
reato
penale grave (di lesa maestà o di vilipendio?). Si tratta di altri
motivi (come se già
le leggi non ne fossero piene) per cui la Polizia Postale può
provvedere alla
censura/chiusura di un sito (come quello che parla del Vajont, per esempio).

Nel Capo II (seconda
parte, in italiano non legalese: le leggi si dividono in Capi tematici,
Articoli e Commi – quelli numerati dopo gli articoli) si parla del
settore editoriale e fa un pippone così sui principi di concorrenza e
pluralismo. Chiacchiera su chi non dovrebbe avere posizioni dominanti
(cioè: dobbiamo dare
via il culo per riuscire a liberarci dei monopoli?) e anche qui
attribuisce
all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di accertare (minchia
che
estro: ma che c’e’ da accertare? Dato che sono cose accertate da tempo
e nessuno
ha mai voluto fare niente?) ”l’esistenza di posizioni dominanti o comunque
lesive del pluralismo”
.

Anche se (Articolo 8):
Nel formulare il proprio giudizio, l’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni tiene conto del livello di concorrenza all’interno del
mercato
rilevante, delle barriere all’ingresso nello stesso, dei ricavi delle
imprese
in rapporto ai ricavi del mercato rilevante e dei mercati connessi,
dell’efficienza economica delle imprese, della diffusione dei prodotti
editoriali ma può comunque definire ulteriori elementi di valutazione."

In
poche parole:

diamo via il culo per niente. E’ abbastanza chiaro? La presa per il
culo continua nell’articolo 9 dove addirittura si spingono sino alla
spiegazione dei modi e tempi in cui i soggetti editoriali devono
comunicare
circa “le acquisizioni, le intese e le concentrazioni a cui partecipano”.
Quindi
mi si riaccende una speranza e dico: beh, forse allora vale la pena
ridare il c…o. Poi però nuovamente mi disilludo perché leggo che
l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni se si accorge della
possibilità che si verifichi una posizione dominante fa un “pubblico
richiamo” per segnalare la situazione di rischio. Un richiamo, capite?
Una letterina di ammonizione che
dice che se non ti comporti bene per natale non riceverai il regalino.

Poi, valutando tutte le cose dell’articolo precedente semmai provvede a inibire e rimuovere gli effetti di atti e
operazioni che creano posizioni dominanti. Toglie i finanziamenti alle imprese
editrici che ledono il pluralismo (a leggerla pare una cosa bella!) e se non
obbediscono ai provvedimenti li punisce con sanzioni minime.

La legge poi vorrebbe regolare – ma non
si capisce davvero come –  il
mercato delle pubblicità dove la posizione dominante è chiaramente
della Mediaset (per la televisione). In mezzo a tutto questo po’ po’ di
storie infinite ci mettono anche i libri (non potevano mancare).
Nell’articolo 14 si liberalizza il prezzo dei libri (ognuno fa come gli
pare: editore o importatore del prodotto). Se poi si vendono libri in
difformità – in maniera non conforme – al suddetto articolo
(rispettando soglie per gli sconti e varie regole su tipologie e
modalità di vendita) si viene puniti in vari modi. Il Capo III parla di
sostegno alle imprese editoriali (perchè non ne hanno abbastanza e
oltre la carta, le spedizioni postali etc etc gli resta da pagargli
pure la colazione al bar al mattino) e poi si
continua fino alla chicca finale:

"Art. 29

(Delega al Governo)

 

1. Il Governo è delegato ad emanare, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati,
un decreto legislativo avente ad oggetto la raccolta in un testo unico
delle norme primarie in materia di editoria, con riferimento particolare
alla disciplina del prodotto e dell’impresa editoriale, del mercato
editoriale
, delle provvidenze dirette

e indirette all’editoria, anche modificando e
integrando le norme vigenti ai fini del loro coordinamento formale e
sostanziale, nonché del loro adeguamento ai principi ed alle norme del diritto
comunitario e costituzionale. Ai fini dell’adozione del predetto decreto
legislativo il Governo è tenuto al rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:

a) attuazione delle norme costituzionali in tema di
libertà di manifestazione del pensiero, anche attraverso il rafforzamento della
trasparenza e della tutela della concorrenza del mercato;

b) coordinamento e adeguamento della disciplina del
diritto d’autore in relazione all’evoluzione del prodotto editoriale , anche
con riferimento alle possibilità di uso differenziato dello stesso prodotto e
alle rassegne stampa;

c) coordinamento e adeguamento della disciplina in tema
di responsabilità degli operatori dell’informazione;

d) ampia delegificazione delle materie non coperte da riserva di legge;

e) indicazione esplicita delle norme abrogate.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è emanato previo parere della Conferenza Unificata e delle competenti Commissioni
parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall’assegnazione.
Decorso tale termine senza che la Conferenza e le Commissioni abbiano espresso
il parere di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere

comunque emanato.

3. Il
Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi recanti
disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo di cui al
comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi
determinati dal presente articolo, entro dodici mesi decorrenti dalla
data di
scadenza del termine di cui al medesimo comma 1.

4. Il Governo completa il processo di riordino
della materia dell’editoria
emanando una raccolta organica delle norme
regolamentari relative alla medesima materia, anche sulla base degli obiettivi
indicati nel comma 117 dell’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n.
262, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n.
286, e

tenendo conto, in particolare, di quanto previsto dal comma 1, lettera d), del presente articolo."


Il
governo
dunque non ha finito. Ci sarà un decreto legge, un testo unico che “riordinerà
la materia”. Con la scusa della tutela del pluralismo e della regolamentazione del mercato editoriale, tra un decreto e un
Ddl, quanti altri soggetti costringeranno al silenzio? 

—>>>Da Femminismo a Sud


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