Feminist gamers

 

"Perchè devi fare tante storie sul sessismo? E’ solo un gioco!"

Questa è una delle opinioni che le giocatrici femministe [Feminist gamers] contestano. Quello che per altri è "solo" un gioco per loro è un modo di proporre modelli culturali che i bambini, le bambine o i ragazzi e le ragazze poi emulano.

Queste giocatrici un po’ americane e un po’ canadesi hanno organizzato una community di amanti dei giochi che osservano e manifestano il proprio senso critico. Così hanno cominciato ad esprimere opinioni e a recensire uno per uno i giochi più popolari tra quelli che spendono fior di quattrini per regalare ai propri figli o a se stessi un nintendo o una play station ultimo modello.

I giochini della nintendo destinati alle fanciulle normalmente sono orientati alla cura del look, con il cambio abiti, il ripasso trucco, come fosse una gara a mettere in pratica la giornata tipo della barbie virtuale. Il sessismo si manifesta appunto nei ruoli, generalmente sempre gli stessi, o nell’indurre particolare interesse verso alcune cose piuttosto che altre. Le bambine vengono sollecitate virtualmente a cambiare look, a prendersi cura di un neonato-tamagochi, o a essere la perenne principessa che viene salvata dal principe che per lei ha sconfitto mille mostri uno dietro l’altro.

Ci sono alcuni giochi di simulazione dove le ragazze che giocano possono scegliere degli avatar che possano rappresentarle meglio. Possono diventare guerriere senza poppe gigantesche, grandi sagge dotate di straordinari poteri, amazzoni senza paura che lottano per salvare il proprio villaggio.

Non c’e’ molto di più in effetti. Già ne parlavamo qui.

L’altra chance per le donne nei giochi di simulazione è quella di diventare una spietata manager che controlla gli impiegati, persino la loro modalità relazionale, il loro "decoro" (vi ricorda niente?) e lavora ventiquattro ore su ventiquattro perchè non si corra il pericolo di beccare un game over.

Sono tanti i giochi di povere sguattere che con il proprio lavoro diventano proprietarie di alberghi e ristaranti di lusso. Giochi che insegnano principalmente che se non ce la fai è colpa tua. Che hai di certo una opportunità per sfondare nella vita ma devi subire umiliazioni e molestie e poi lavorare come un cane. Infine, secondo i giochi, il futuro sarà radioso, condito di mille update che ti procureranno un nuovo arredamento, persino l’assunzione di una aiutante.

I lavori di simulazione ricorrenti vanno dalla cameriera alla sarta, c’e’ la parrucchiera, la dogsitter, la babysitter, la stilista, l’estetista, la commessa e altre cose di questo tipo.

I giochi stanno creando una nuova generazione di donne che devono essere veloci nel cambio di look, concentrate sul colore dello smalto per unghie e serenamente fedeli ai ruoli e alle spinte "motivazionali" che ogni simulazione gli da.

Le nostre figlie valgono se curano la propria immagine, se hanno le misure giuste e se producono fino allo stremo.

Quello che viene trasmesso nei giochi è esattamente la stessa cultura che viene perfettamente descritta nel film "Tutta la vita davanti" di Paolo Virzì (tratto dal divertente libro "Il mondo deve sapere" di Michela Murgia).

C’e’ un altro giochino che viaggia per la rete e che parla di sopravvissuti in un isola deserta. In quel caso il ruolo massimo cui può aspirare la donna è di riprodursi per non far estinguere la specie. Anzi il gioco prevede una serie di premi qualora si superasse una certa percentuale di abitanti. L’estinzione della specie è causa di una sconfitta.

Poi ancora c’e’ la specialista in preparazione di torte della nonna, quella che si occupa della organizzazione dei matrimoni e che deve soddisfare tutti gli ospiti in una rappresentazione surreale che sembra tirata fuori dalle tradizioni siculo campane, c’e’ la barista, bella, coscine ben scoperte, culo tondeggiante e in movimento, c’e’ la ragazza con i pattini del fast food. Si sale di livello se si riesce a servire un milione di clienti alla velocità della luce. L’unica figura femminile credibile nella storia dei video giochi, come dice molleindustria, è una signorina stressatissima che per non essere licenziata deve schizzare da un punto all’altro di un ufficio per motivare gli impiegati e indurli a non morire di sonno davanti al computer.

Il movimento delle giocatrici femministe è parecchio partecipato e il loro sito, per chi mastica l’inglese, da ottimi spunti per ragionare su quello che ci interessa. 

Quello che non riusciamo a rintracciare – e se ne avete notizia segnalateci la loro presenza – è un gruppo di donne, di sviluppatrici di software, di programmatrici che in qualche modo danno un orientamento diverso ai giochi, introducendo elementi nuovi, che rappresentano la nostra realtà per quella che è: varia e senza obblighi legati al sesso di appartenenza.

Sappiamo che ci sono delle programmatrici che lavorano anche in questo settore perciò ci chiediamo: esiste un lavoro alternativo di cui non sappiamo nulla? Esistono delle donne che stanno lavorando per "noi"? Oppure le donne che sanno fare programmazione sono diventate asservite alle imprese in maniera acritica? Semplici operaie o donne capaci e convinte che quello che stanno facendo può avere una ricaduta sociale in termini educativi e culturali?

Non basta essere donne con una dimestichezza in tecnologia se non si capisce che si sta in qualche modo contribuendo a legittimare la cultura ricorrente. Non basta darsi appuntamento a cene di categoria se poi si torna a lavorare obbedienti per aziende che monetizzano le singole capacità per prodotti che contribuiscono più o meno direttamente a insegnare alle nostre figlie che l’unica cosa fondamentale per loro è essere delle brave e obbedienti "consumatrici" e a somigliare ad una delle bamboline dei giochini della nintendo.

Se ci siete, parliamone. In ogni caso ragioniamo di questo problema con tutt* quell* che sono impegnat* in questo settore. Di qualunque genere. Perchè il problema non riguarda solo noi donne. I ruoli svilenti e obbligati esistono anche per gli uomini e in più c’e’ la totale omissione di generi diversi da quelli etero.

Come nella realtà anche nel mondo virtuale esiste un modo per espellere tutti i comportamenti non "normali". La norma, come vi fosse un "diritto naturale" in tecnologia e nella rete, l’hanno fissata alcuni, tempo fa. Nel mondo reale forse abbiamo poche chance per resettare e ricominciare da capo. In quello virtuale invece qualche possibilità in più forse c’e’. Presìdi attivi in piazza e sul web perchè ce n’e’ per tutte. Occhi aperti ragazze, occhi aperti… 


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