Dal Server Donne:
di Michela Balocchi
L’8
settembre si è tenuta a Milano la conferenza Women&Technologies:
research and innovation realizzata nell’ambito dell’IFIP WCC World
Computer Congress (www.wcc2008.org). La giornata aveva lo scopo di fare
il punto sulla presenza delle donne nel mondo della scienza e delle
nuove tecnologie, sui loro contributi all’innovazione, alla creazione e
produzione di ICT, sui passi avanti fatti nel superamento degli
stereotipi di genere in questo ambito, e sulle buone pratiche di
avvicinamento delle giovani alle nuove tecnologie attraverso un
confronto a livello internazionale.
I temi trattati sono stati “Donne e ICT in Europa”, “Art and
affective computing”, “Interazione e dialogo nelle Comunità sul Web del
futuro”, “Innovazione nelle imprese e nelle istituzioni”
(www.womentech.info). L’approccio alle nuove tecnologie – insieme alla
risoluzione dei problemi di genere connessi al loro uso, creazione e
produzione – è stato generalmente un approccio olistico e
multidiscipliare, attraverso cui si è sottolineata la necessità di
considerare gli aspetti sociologici della scienza così come il fatto
che essa stessa è un prodotto umano e non neutro al genere.
È stato tratteggiato un breve quadro sull’ancora scarsa presenza di
giovani studentesse nelle discipline tecnico-scientifiche in Italia e
sulla forte asimmetria di genere
presente al loro interno tra i diversi corsi: per esempio ad
ingegneria, una facoltà in cui la presenza di ragazze è molto bassa, si
passa dal 40% di donne nell’area bio-medica ad appena il 4% in quella
meccanica (dati relativi al 2005, Badaloni). Le relatrici, che non si
sono soffermate sugli effetti (pur determinanti) della socializzazione
primaria e secondaria sulle scelte educative, hanno posto l’attenzione
sui processi di selezione delle donne una volta inserite nei luoghi di
ricerca e di lavoro: coloro che controllano l’accesso alle carriere
sono prevalentemente maschi, i meccanismi di omofilia, soprattutto ai
livelli alti di carriera, rimangono molto forti. Si sente la necessità
di portare un’ottica di genere nei contesti decisionali e di aprire spazi alle donne per porre fine allo spreco di risorse, talenti e intelligenze femminili
in questo paese. Da più parti viene sottolineata l’esigenza di un
maggior equilibrio tra vita privata e lavoro, e per questo è necessario
un maggior intervento mirato da parte dello Stato in collaborazione con
il mondo del lavoro: si parla, per esempio, di “servizi universali” per
l’infanzia (Badaloni e Locatelli), che siano presenti in ogni parte del
mondo perché fare ricerca significa anche essere disponibili ad un’alta
mobilità, ma la cura dei familiari ostacola la mobilità delle donne,
data la persistente disparità di genere nella divisione del lavoro
familiare anche tra le coppie più istruite.
Una recente ricerca
di Bencivenga sulle donne adulte che non usano o usano poco il computer
solleva il problema dell’auto-svalutazione da parte delle donne e
dell’immagine che spesso hanno e danno di sé, che riflette gli
stereotipi antifemminili correnti secondo cui le donne sarebbero, tra
le altre cose, “naturalmente” lontane dalla tecnologia e dalla scienza.
Emerge fortemente la necessità di rendere scienza e tecnologia
interessanti soprattutto per le giovani e giovanissime (Pollitzer). Un
modo è anche quello di trovare modelli di ruolo potenti cui poter fare riferimento in campo scientifico,
innanzitutto togliendo dall’invisibilità le donne che hanno contribuito
e contribuiscono ai progressi della scienza. Dal lato delle adulte,
invece, è importante anche il ruolo svolto dalle figlie nell’insegnare
l’uso delle nuove tecnologie alle proprie madri (Bencivenga).
Nella sezione pomeridiana “Art and Affective Computing: Interaction and
Dialogues in Communities on the Future Web” (concomitante alla sezione
“Innovation in Enterprises and Institutions”), si è parlato della rete
come del più grande spazio pubblico che si sia mai conosciuto fino ad
oggi, con le potenzialità e i rischi a ciò connessi (Cortiana): la rete
fornisce enormi possibilità di estensione delle relazioni sociali, di
allargamento, arricchimento e condivisone della conoscenza, ma a questo
si collegano anche problemi di inclusione e di ineguaglianze nel suo
uso e nell’accesso così come la necessità di stabilire regole chiare,
una sorta di Bill of Rights di Internet.
A proposito di inclusione, De Cindio si è soffermata sul diritto di cittadinanza in rete,
(e)-citizenship, per le donne, e sulla necessità di creare strumenti
adeguati per l’allargamento della e-participation e anche della
e-deliberation, cui guarda con generale ottimismo nonostante i
risultati non così lusinghieri di molte delle sperimentazioni italiane
di questo tipo. I dati da lei riportati sulla partecipazione dei
cittadini ad alcuni siti civici della Lombardia mostrano una ancora
bassa partecipazione, soprattutto laddove la pubblica amministrazione
ha meno concretamente investito nei progetti, e una ancor più scarsa
partecipazione delle donne: il 20% sul totale nella sperimentazione
della rete civica di Mantova, il 30% a Vigevano e a Milano, il 16% a
Brescia (su un totale rispettivamente di 78, 120, 2130 e 137
partecipanti). Dalle prospettive top-down alle potenzialità delle net
community e del web 2.0. Bonomo si interroga sulle caratteristiche
delle communities on line, sul loro funzionamento, sugli incentivi (per
lo più non monetari) su cui si basano (sentirsi efficaci, ottenere
riconoscimento e reciprocità), e sulle caratteristiche dei leaders
delle comunità. Si domanda perché tra i leaders prevalgano ancora gli
uomini anche in una comunità spazio dell’auto-imprenditorialità come
quella di e-bay, in cui le barriere all’accesso (a parte quelle
strutturali) sono molto basse, e in cui tra i primi contributors più
della metà sono donne (il 56%), e dove, però, i primi 10 venditori
rimangono uomini. Si ricorda qui l’importanza della socializzazione all’uso della rete come strumento ludico
fin dalla giovane età, ma anche dell’importanza ricoperta dai “giochi
di ruolo” che funzionano da laboratorio per sviluppare capacità di
leadership e che sono giochi ancora svolti per lo più da giovani maschi
(l’85% sul totale) intorno ai 27 anni, che vi dedicano una media di ben
22 ore alla settimana.
Interessante anche l’intervento di
Lisetti che presenta alcuni suoi studi sull’affecting computing (filone
che ha avuto molte donne pioniere dagli anni ’90 in poi) e le diverse
possibilità di applicazione pratica: non solo le espressioni negli
avatar, ma anche l’emotion recognition per riconoscere le emozioni nei
volti di piloti d’aereo, astronauti, sommozzatori, così come le
attrezzature tecnologiche per monitorare i pazienti reduci di guerra
che si trovano lontani dai centri medici e per stabilire una efficace
comunicazione paziente-medico in contesti difficili.
La giornata di convegno è stata anche l’occasione per assegnare il premio Le Tecnovisionarie® 2008,
che ha visto vincitrice Fiorella Operto per il suo impegno volto a
combattere le disuguaglianze di genere coinvolgendo giovani donne nella
scienza e nella tecnologia, in particolare nel campo della robotica,
per esempio rafforzando l’autostima delle ragazze nelle loro capacità
tecniche, e creando robot con programmi capaci di catturare l’interesse
femminile che è raramente orientato all’offerta tipica del mercato di
robotica quasi esclusivamente focalizzato su macchinari da guerra e
giochi da combattimento. E l’esperienza insegna che corsi che tengano
conto di interessi “altri” e differenti da quelli tradizionalmente
dominanti hanno un valore aggiunto non solo in termini di inclusione di
chi si ritrova solitamente escluso, ma anche in termini di mantenimento
dell’interesse di chi è già ben inserito. La robotica è una tra le
discipline maggiormente dominate dalla presenza (azione e impostazione)
maschile tradizionale.
Le menti creative di donne e uomini, però, se libere di esprimersi, possono superare certi condizionamenti e barriere ideologiche:
diventa allora fondamentale trovare più spazi di accesso per le giovani
e combattere vecchi stereotipi dicotomici sulle presunte diverse
capacità e preferenze di donne e uomini che relegano gli uni e le altre
in una rigida divisione di compiti, mansioni e conoscenze, soffocando
le potenzialità delle singole persone.
—>>>Immagine presa in prestito da HardCoreJudas