Sempre meno donne nelle scienze informatiche

Da Punto Informatico

di Giovanni Arata

Sempre meno donne nelle Scienze Informatiche 
Roma – La presenza femminile nei dipartimenti di ingegneria ed informatica non aumenta. Anzi, diminuisce sensibilmente.
È questo il risultato di una serie di analisi condotte negli Stati
Uniti dalla National Science Foundation e dalla Computing Research
Association, ora riprese del New York Times.

Non
che quella del gap "di genere" nel mondo IT sia un questione nuova.
L’idea che l’informatica sia una cosa "per maschietti" è ben radicata
nel senso comune, oltreché nelle statistiche, e gli stessi accademici
se ne occupano da tempo: correva ancora l’anno 1991 quando Ellen
Spertus, brillante dottoranda dell’MIT, dava alle stampe un saggio
intitolato "Why Are There So Few Female Computer Scientists?" ("Perché
così poche donne fanno ricerca in Computer Science?"), nel quale
venivano descritti i vari preconcetti in grado di allontanare il gentil
sesso dalle sale macchine.

dalla collezione di Mike MussQuello che però era difficile da aspettarsi era che il gap, anziché ridursi, potesse allargarsi. Non solo perché è cresciuto il numero delle donne che impiegano i computer e la rete, ma perché negli ambiti di ricerca contigui la differenza di genere è scomparsa: la già citata survey della National Science Foundation, ad esempio, documenta come il numero di studentesse presenti nel complesso dei dipartimenti scientifici sia persino superiore a quello dei maschi.

Solo
nei settori dell’informatica e dell’ingegneria la musica cambia. Qui,
spiegano gli esperti, è diminuito fino al 21- 22% del totale il numero
di laureate donne (2008), contro una quota del 28% nel 2001. E il dato
si abbassa ulteriormente quando si guardi alle università che producono
la ricerca di punta in questo ambito: nelle università che offrono dei
corsi di dottorato in Computer Science, la percentuale media delle
donne per l’anno accademico 2006-2007 si è arrestata al 12%, contro una
quota del 19% cinque anni prima. In alcuni dipartimenti, seguita lo
studio, la quota di donne è inferiore al 10%.

"L’uso dei computer nella vita di oggi è pervasivo – ha sottolineato
qualche mese addietro Barbara G. Ryder della Rutgers University –
Dunque ci sono nicchie per qualunque persona che capisca quello che la
tecnologia può fare e anche per coloro che vogliono veder progredire la
tecnologia. Ma gli studenti non se ne accorgono, e sembra che questa
cosa riguardi più le donne degli uomini".

Mentre i dati sono
chiari, restano controverse le spiegazioni rispetto alle ragioni del
gap. Secondo Jane Margolis, co-autrice del libro "Unlocking the
Clubhouse: Women in Computing" ("Aprendo le porte del club: le donne
nel settore del computing"), un fattore decisivo per spiegare le scelte
delle donne che si inseriscono in questo ambito è la cosiddetta "aria
di famiglia". La maggior parte delle donne che entrano in questo
settore vengono da famiglie nelle quali vi erano informatici e
scienziati – il padre di Spertus, ad esempio, lavorava come ingegnere
presso l’MIT, e la nostra ha imparato a programmare prima ancora della
diffusione dei PC.

Altre come Justine Cassel, direttrice del
Centro di ricerca su Tecnologia e Comportamento Sociale della
Northwestern University, pongono l’accento sull’importanza delle stereotipizzazioni sociali caratteristiche del mondo informatico.
Le ragazze, cioé, starebbero alla larga dalla Computer Science per
paura di vedersi raffigurate con immagini come quelle di "nerd" o
"geek", tuttora percepite come poco accettabili per delle donne.

La
pensa nello stesso modo anche Jan Cuny, che alla National Science
Foundation si occupa di un progetto teso a stimolare l’interesse per le
scienze informatiche. "Il fattore nerd è imponente", dice,
citando degli studi del 2005 che indicano come le studentesse di scuola
superiore inquadrassero il lavoro degli informatici, chiusi in cubicoli
a scrivere codice, una vita isolata dinanzi a un computer. "La vedono –
spiega Cuny – come fosse semplice programmazione. Non pensano alla
tecnologia come a qualcosa che sta rivoluzionando il modo in cui diamo
vita a nuovi farmaci o molecole, o in cui studiamo l’impatto del clima
sulla terra".

Ed Ellen Spertus che ne dice? La giovane
dottoressa di ricerca dell’MIT, nel frattempo divenuta Professore
Associato presso il Mills College e ricercatrice di Google, propone
oggi un punto di vista molto pragmatico. "Il fatto che ci siano poche
ragazze che scrivono una tesi di laurea in informatica è ok, a patto
che non siano barriere artificiali ad allontanarle", spiega al New York Times.
E subito dopo, per illustrare meglio il suo punto di vista, racconta la
storia di una sua brillante studentessa, che ha preferito diventare
infermiera per paura di non trovare sbocchi come informatica.

Giovanni Arata


3 Responses to “Sempre meno donne nelle scienze informatiche”

  • emma

    ora si parla di gender gap in informatica, fino a ieri era in matematica. Salvo poi notare che nei paesi più egualitari le differenze di genere nella scelta delle materie scientifiche si assottiliano in proporzione all’assenza di stereotipi di genere. Nei paesi scandinavi, secondo diverse ricerche, la differenza si è fatta molto esigua, riguardo alla matematica. Ma non è stato sempre così. Probabilmente per l’informatica è più o meno la stessa cosa. Intanto da noi come modelli culturali femminili ci toccano le veline. Difficile sperare che le nuove generazioni vedano il trionfo di grandi informatiche o scenziate, stando a questi modelli. Ma oggi sono ottimista: chi l’avrebbe detto dell’onda studentesca? Un anno fa avrei scritto che i giovani erano lobotomizzati quasi per intero fin dai più teneri anni. E invece, FORSE, non è così. Chissà, magari dopo tutta questa indigestione di culi, tette, coscie e faccine senza parola, domani anche tanta bella ciccia avrà diritto di esprimere opinioni proprie e a pretendere lavoro, mansioni qualificate e di responsabilità, stesse retribuzioni ecc. ecc. ecc.

  • rosa

    non so se è una mia impressione ma noto che gli stereotipi sulle donne si stanno accentuando e spostandosi verso l’informatica dove le donne stavano accedendo in massa per poter bloccare questo fenomeno.

    ho notato che le nuove genereazioni sono educate fin da bambine con stereotipi molto piu’ accentuati di una volta. o è la mia impressione?

    ora un po’ esco fuori tema. Hai notato che internet è sempre piu’ strutturalmente monopolio dei maschi? che alle femmine vengoo riservate angol idi nicchi come se fossimo una categoria. E’ un po’ fuori tema questo dscorso ma magari ti srvirà d aspunto per un post 🙂
    ciao

  • emma

    Incollo di sotto il delirante passaggio di uomoni3000, sito simile all’antifemminista. Roba da matti, a leggerli fanno impressione. Parlano di selvaticità, onore, padre, grande bugia (il condizionamento culturale loro lo chiamano così) ecc. ma il passaggio che ti incollo qui sotto è davvero offensivo. Non sono riuscita a riderne con disprezzo, come ho fatto per il resto delle cazzate che pubblicano, mi ha fatto solo incazzare. Parla di riappropiarsi del diritto di diventare padri, o non diventarlo, a loro piacimento, senza nessun accenno al fatto che, purtroppo per loro, l’utero ce l’ha la loro tanto odiata donna. Il pensiero così formulato di questi poveretti disperati mi fa venire in mente l’orrore delle donne recluse, violentate e ingravidate a forza, fatte partorire e private dei loro figli, storia vera, non mi ricordo esattamente dove in africa, non so forse ne hai parlato nei tuopi post quotidiani. E’ il caso di reagire con sistematicità, non basta più indignarsi. E dopo lo chock del sito antifemminista dell’altra settimana, ora mi sono imbattuta in quest’altro sito. Sono incazzata e scoraggiata. In un paese come il nostro, dove il maschilismo è consolidato da secolare tradizione cattolica, trovare questi che persino si lagnano di lesà onorabilità e reclamano di usare il corpo delle donne per fare i padri come e quando gli piace mi sconvolge, mi da alla testa. Come se non vivessimo nel paese più maschilista d’europa, e 84esimo al mondo (su tipo 120 nazioni), l’hai vista la classifica sul gender gap del world economic forum? Comunque, ecco di seguito gli sproloqui di quei poveracci cavernicoli (sono loro che ci tengono alla loro selvatichezza, non dovrebbero offendersi se li chiamiamo cavernicoli o bestie…), eccoli:

    Fondare i diritti riproduttivi maschili

    In ambito riproduttivo la volontà maschile vale zero. La paternità può essere sia carpita con la frode che sottratta ad arbitrio. Con l’aborto e il parto anonimo la donna può liberarsi di maternità non volute mentre l’uomo subisce impotente la volontà altrui: non ha voce in capitolo sull’aborto e al tempo stesso può ritrovarsi padre a prescindere dalla sua volontà e dalla sua condizione. Se e fino quando la donna potrà decidere della maternità l’uomo dovrà poter decidere della paternità. Deve poter scegliere se diventare padre o meno tenendosi e allevando da solo il figlio che vuole o rifiutando la paternità che non vuole. La fisiologia della riproduzione non può più essere un pretesto per imporre ad una parte la volontà dell’altra.