Facciamo il punto. Tutti vogliono avere il controllo di internet. Chiunque propone norme, censure, leggi, regole. I motivi li conosciamo: un po’ per via dell’incazzatura delle distribuzioni discografiche e cinematografiche che vorrebbero intercettare e mettere in galera chiunque pratichi sharing di materiale non pagato. Un po’ per avere potere e controllo su chiunque gravita nella rete praticando una intercettazione preventiva della nostra posta, dei contenuti che condividiamo in rete, dei siti che visitiamo, delle persone con le quali chattiamo.
La rete è un mezzo di comunicazione. C’e’ una parte pubblica, che chiunque può leggere, regolata da leggi che sono applicabili anche sul piano reale. C’e’ una parte privata che viene comunque controllata in via preventiva come se tutt@ fossimo potenziali terroristi e delinquenti.
Nessuno di noi accetterebbe l’idea che le nostre lettere, quelle consegnate al postino, le nostre comunicazioni private fossero violate e lette senza la nostra autorizzazione. Nessuno accetterebbe di vedersi imputare un reato d’opinione qualunque se scambiando chiacchiere a viva voce con gli amici commentasse il fatto del giorno dicendo qualcosa di "sbagliato".
Eppure questo è quello che avviene su internet. Ogni nostro contenuto, ogni comunicazione è intercettata in via preventiva e questo teoricamente piace anche a chi non vorrebbe mai essere ascoltato in una conversazione telefonica e non vorrebbe mai far leggere le proprie lettere a nessuno.
Per violare la nostra privacy hanno messo in campo delle ragioni indiscutibili (la strategia della paura) ovvero ci hanno detto che esistono delle persone cattive che si servono della rete per fare delle brutte cose. In nome di questa motivazione si sono stabilite alcune regole che consentono che tutti/e siamo considerati egualmente e potenzialmente cattivi/e. Per capirci: questi cattivi, ammesso che comunichino attraverso la rete e non con i classici e più sicuri pizzini, possono essere in dieci, cento, mille toh per essere generosi. Non sono intercettati quei dieci, cento, mille. Siamo intercettat* tutti/e, sempre, costantemente.
In ogni caso più la rete si arricchisce di nuove forme di comunicazione, social network, forum, blog, etc etc, maggiori e più gravi sono le proposte di controllo che vengono da parte di chi ci governa.
Sono proposte che partono da una scarsissima conoscenza dello strumento tecnologico e del web. Proposte che trovano consenso in una affermazione sospettosa che ha origini naziste: il controllo non può che piacerti se non hai nulla da nascondere!
Ultimamente la storia si è fatta un po’ più grave. Non si accontentano più di controllare. Vogliono desertificare, fare vuoto e riempire di ronde. Invece che riempire di cultura per sostituirla alla paura fanno esattamente l’opposto. Vogliono controllare, censurare, chiudere, punire, reprimere. Parliamo di punizione delle idee, di censura delle opinioni, di punizioni serie che colpirebbero tantissime persone riducendo la fetta di rete italiana ad un mondo a parte paragonabile, in termini di assenza di libertà, alla birmania.
Le proposte di censura, controllo e repressione sfruttano l’indignazione delle persone, i dibattiti vivaci, gli scambi di opinione gestiti male, i conflitti nei quali si invoca l’intervento del tutore della legge per sopprimere una opinione diversa dalla nostra.
Una rete è libera se lo è anche per le opinioni che non ci piacciono. "Far chiudere" gli spazi web non elimina certamente i problemi. Oltretutto a chi ci governa non interessa lottare, che so, contro la cultura dello stupro, della pedofilia, della violenza a partire da campagne culturali serie. Chiudere il gruppo pro stupro su facebook non fa diminuire certamente l’entità del problema. Lo nasconde, semplicemente, lo lascia agire in sordina, incontrastato, con milioni di altre forme di legittimazione e con danni ancora maggiori.
Il primo di questa ultima serie a usare le faccende "di donne" per avviare discussioni su controlli, censure, punizioni è stato il senatore d’alia. Con lui inizia l’era del reato d’opinione. Configura una lista delle cattive azioni che chiama apologia. Apologia di stupro, apologia di mafia, apologia di tutto meno che apologia fascista che sappiamo bene non essere mai presa in considerazione nonostante vi sia una legge già chiara che parla giusto di questo.
Siamo al paradosso: nella realtà uno stupratore (italiano) solitamente viene assolto o comunque la donna stuprata subisce le pene dell’inferno per la montagna di ritorsioni, minacce, infamie che le si scaraventano addosso. D’alia però vorrebbe fare chiudere gli spazi che praticamente usano parole ampiamente legittimate dalle sentenze dei giudici, dalle infamanti descrizioni delle donne stuprate che fanno i giornalisti di certa stampa. Curioso, no?
A seguire arrivò una sentenza che pare dare ragione a metà a chi vorrebbe controllare forum e blog, paragonarli alle testate giornalistiche, per poter attribuire il reato di diffamazione a mezzo stampa (più grave della diffamazione che comunque può essere già applicata per i contenuti pubblici) e per poter cancellare, porre sotto sequestro i forum e i blog con contenuti di ogni tipo: da quelli che denunciano questioni precise a quelli che parlano dei fatti personali dei singoli blogger.
Si fa avanti anche la Carlucci con l’asso piglia tutto. Il divieto dell’anonimato in rete in nome della lotta contro la pedofilia. Cosa che detta così è un po’ ambigua. Il punto è che si sta parlando della rete, di internet, che una cosa complessa. Come se volessero rendere riconoscibili a tutti le nostre singole caratteristiche. Avete presente no? Stella gialla per gli ebrei, triangolo rosa per i gay, nero per i rom e via così.
Vorrebbero un modo per identificarci subito mentre camminiamo, passeggiamo, ci aggiriamo per la rete. Nella realtà quando noi camminiamo e attraversiamo strade e piazze, entriamo nei bar e conversiamo con il nostro vicino di posto sull’autobus nessuno ci chiede di essere identificabili. Non siamo in carcere e dunque non dobbiamo avere un numeretto sulla manica della giacca.
Noi siamo identificati quando un tutore dell’ordine si avvicina e chiede: "Documenti, prego!". Anche in quel caso noi potremmo non esibirli, potremmo non esserne in possesso, magari ce li siamo dimenticati a casa, deve esserci una valida ragione per cui ce li chiedono. Comunque sia non li teniamo attaccati al petto. L’identificazione oggi, in epoca ancora precedente a quella delle impronte e dei riconoscimenti biometrici attraverso gli scanner, nonostante le telecamere, il teknocontrollo, la violazione sistematica della nostra privacy, avviene ancora in questo modo.
Immaginate il web e immaginate voi stessi provando a percepire il fastidio che da la certezza di essere in un campo di concentramento con filo spinato tutt’attorno e andare in giro con un codice prodotto isbn stampato sulla fronte. Di questo si parla nel ddl della carlucci. Ancora una volta non c’e’ presunzione di innocenza ma presunzione di colpevolezza per tutti/e.
Poi c’e’ qualcuno del popolo delle libertà (altrui, che delle nostre non ce ne rimane nessuna) che ha presentato un disegno di legge per chiudere a raffica tutti i siti nei quali le ragazze o le donne che soffrono di disturbi dell’alimentazione (anoressia o bulimia) si scambiano pareri, opinioni, consigli su come dimagrire meglio. Il disegno di legge prevede, oltre la chiusura e quindi la criminalizzazione di siti per un reato d’opinione, la reclusione per chi secondo loro incita all’anoressia. Il reato di istigazione alla "malattia" viene preso da loro molto sul serio e così vogliono proprio dare alla polizia postale un appiglio legale per chiudere questi siti e per incriminare chi li tiene in vita e vi manifesta "opinioni" configurabili, secondo loro, come reato di istigazione.
In nome della difesa delle ragazze dalla anoressia e dalla bulimia già c’era stata, proprio di recente, la proposta di intervenire d’autorità sulle persone che soffrono di questo problema attraverso il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), ovvero il ricovero psichiatrico forzato. La deriva autoritaria dunque attraversa ogni mondo, reale e virtuale. I due mondi scorrono paralleli. Quel che è grave è che a proposito della rete la questione diventa ancora più invasiva, intrusiva, limitativa delle libertà individuali. Siamo alla lesione dei diritti minimi dell’umanità. Il diritto al rifiuto di una cura (come possiamo vedere dal tremendo dibattito che c’e’ in parlamento a proposito della legge sul testamento biologico) e quello a scambiarsi opinioni su qualunque cosa.
Anche in questo caso poi ci sarebbe tanto da dire: chiudere i siti per poi tenere in vita le passerelle delle sfilate con modelle formato grissino, la produzione abbigliamento di taglie che non vanno mai oltre la 44 (dopo la 44 sei difettosa, devi rivolgerti a negozi a parte), la quantità infinita di prodotti farmaceutici, alcuni pericolosissimi, anfetamine letali per cardiopatiche, tutti per dimagrire, scaffali interi di supermercato pieni di merende dietetiche, pasti unici fatti di cereali rattrappiti e attaccati con la colla che dovrebbero saziare per un giorno intero, una cultura dell’immagine che "istiga" ad avvelenarsi con la merda di mc donalds e poi ti fa sentire un elefante perchè non entri nei jeans dei tuoi quindici anni (quando ne hai trenta), la chirurgia plastica e la medicina estetica che sono diventati vampiri del grasso (ne estraggono tanto da farci una intera fabbrica di sapone) e sponsorizzano riviste dietetiche che ti fanno venire la depressione solo a vederne la copertina. Chi istiga dunque all’anoressia? Se il disegno di legge viene applicato anche alla realtà ci sarà veramente da ridere per quanti potrebbero essere oggetto della stessa accusa più e meglio delle ragazzine che in rete trovano un luogo per confrontarsi e parlare anche delle loro ossessioni che altrimenti si vivrebbero da sole, in silenzio, in modo sommerso senza avere l’opportunità di confrontarsi in un meccanismo che anche nelle situazioni peggiori comunque genera una sorta di comunità di autoaiuto, di terapia di gruppo.
L’ultimo della serie, infine, è il ministro alfano che dopo aver rifofmato la giustizia reale rendendo i giudici subordinati al potere esecutivo, ovvero alla polizia, dichiara di voler dare un’occhiatina anche nelle faccende di internet. D’alia vuole chiudere facebook, anzi tutta internet, la carlucci vuole fornirci stelle, triangoli e numeri identificativi per avere l’autorizzazione ad accedervi e alfano ha dei problemi con youtube, quindi con google.
Riassumiamo: d’alia vuole chiudere e privatizzare, la carlucci fa i timbrini all’ingresso, alfano sceglie la scaletta di contenuti per la durata delle nostre visite. Se non si trattasse di un lager virtuale potrebbe trattarsi di una discoteca. In effetti pagare già paghiamo per accedere a internet (le bollette). Come per il telefono: alzi la cornetta e parli con chi vuoi e dici quello che vuoi dato che paghi e paghi anche tanto.
Se decidono di limitare l’uso di internet a quello che piace a d’alia, al pdl, alla carlucci e ad alfano (cioè ad una sola scelta invece che a tanti locali notturni, pub, cinema, teatri etc etc) allora che pagassero loro… almeno questo!
Cioè: internet è un mezzo di consumo. Non si può certo consumare alle loro condizioni. Se non gli piace come consumiamo allora non consumiamo più. E’ pure periodo di crisi. Perchè pagare un provider e far guadagnare soldi a tanta gente se poi non possiamo neppure fruire di un servizio che ci piace?
Proposta: boicottiamo! Disdetta dei contratti telecom, tiscali, fastweb etc etc di massa. Niente internet. Niente di niente. Crollo definitivo della new economy sul mercato, niente telecom quotata in borsa, niente aziende telefoniche che si arricchiscono. Restituiamo anche i cellulari e ricominciamo con i segnali di fumo. Limitiamo l’uso del progresso e torniamo all’età della pietra. Ovvero chiediamo un risarcimento alle aziende telefoniche. Io voglio navigare su internet e non entrare in un lager ipercontrollato. Sarebbe un po’ il caso di dire basta e di fare qualche contromossa, non vi pare? E se non siete d’accordo: avete mica un regime concorrente da proporre con il quale potremmo preferire avere a che fare?
E noi che pensavamo che a questa gente bastassero tutti i canali televisivi e i gruppi stampa italiani…