Author Archives: fikasicula

Sodomie legislative

Oggi vi parlo di una cosa che attiene ad ogni genere di
essere umano. Tutt* abbiamo un culo e sappiamo bene quanto alcun* soffrano nel
vederlo muoversi liberamente e godano nel vederlo costretto, prigioniero e
apparentemente senza vie d’uscita. I sodomiti di questo bel tempo si chiamano
“governo di centro/sinistra” che in consiglio dei ministri hanno licenziato –
tra gli altri – un disegno di legge che pare scritto proprio da Mastella (forse
che non esistevano abbastanza leggi per far chiudere i blog di satira che lo
hanno eletto protagonista?) o da certa 
strafinanziata e stracoccolata lobbies editoriale che odia vedere circolare idee libere.

Si tratta del
Ddl di regolamentazione del mercato editoriale in cui si fa una
riclassificazione generica del "prodotto editoriale" (comprendendo
anche i blog e ogni altra cosa – anche se no profit – che dia
informazioni e abbia "valore formativo") e obbliga tutti ad iscriversi
nell’apposito registro. Chi è obbligato all’iscrizione al registro
risponde anche dei reati a mezzo stampa con pene gravi (in basso
analizzo il Ddl in dettaglio).

In Italia non
c’e’ libertà d’opinione e questo già lo sapevamo. In Italia non si può fare
satira. Non si può scrivere narrativa con riferimenti casuali al papabile di
turno e non si può neppure fare una citazione breve senza correre il rischio di
essere denunciati per violazione di copyright. Ma non basta. Secondo alcuni "esperti" il mercato sarebbe ancora messo in
crisi da tanti che facendo uso della tecnologia esistente possono fare gratis una cosa semplicissima:
scrivere quello che pensano e raccontare quello che vogliono raccontare. Pare
proprio però che questa cosa non vada bene perché in fondo il nostro governo sente ancora il
vento gelido dell’impero romano papalino sul collo e ci vuole dire che per
esprimere quello che pensiamo dobbiamo ancora ricorrere alle pasquinate scritte
sui muri (tanto qui ci pensa il pacchetto sicurezza che punisce i graffitari).

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Sono arrivat@: la Cercatrice e Politube

Di youtube e google
si è parlato assai ovunque e oramai credo sia chiaro a tutti che
riversare video sullo strumento google è come consegnargli idee di cui
poi youtube si appropria. Come dire che ci mette proprio il suo marchio
anche se il video in questione non ha copyright. Per il resto google è
diventato l’unico veicolatore di contenuti via internet che decide di
fatto cosa possiamo vedere e cosa no. Si è osservato poi che i
contenuti che google propina quando l’utente introduce una qualunque
chiave di ricerca sono sempre orientati in una certa direzione. Per via di quella caratteristica che decide di mostrare i siti più linkati invece che i siti qualitativamente rilevanti. Tra
queste è compresa quella dei contenuti maschilisti ed è per questo che
il gruppo Server Donne ha messo a punto il Progetto "La Cercatrice".
E’ ancora in fase di test ma già potete introdurre una chiave di
ricerca (che viene aiutata da suggerimenti che arrivano da una
finestrella a ventaglio) e ottenere una serie di contenuti filtrati e
orientati da un punto di vista di genere. Come dire: un canale di
ricerca non vi fa trovare tutto quello che c’e’, che esiste in rete. Vi
molla solo quello che va bene per lui o esso. La cosa pericolosa è
quindi che orienta la cultura, ti concede solamente di cercare (e ti
illude di poter scegliere) tra i contenuti che ti offre. Come la
televisione, come qualunque altro media e raccoglitore di notizie.
Perciò "La Cercatrice" è un esperimento sano, bello e vale la pena di essere seguito.

Rispetto a youtube,
altro colosso google, il problema non è solo di contenuti ma appunto di
appropriazione di idee (ricordatelo quando uploadate video dentro
quella macchina infernale). Si ragiona da più parti su come offrire una
alternativa dello stesso tipo che raccolga video (sono nati nel
frattempo i pornotube, youporn e non so che altro dello stesso genere)
e che sia agile da utilizzare per gli utenti. In Italia per quello che
ne so esistono progetti – che consentono la visione o permettono di
scaricare video – che non hanno le stesse caratteristiche (Progetto
libero e grandioso è NgVision:
raccoglie e lascia scaricare una grande quantità di video nocopyright
con un orientamento politico e culturale preciso. Ha anche una bella sezione – identità/genere/sessualità) ed esiste qualche progetto con streaming o podcast
legato ad ambizioni più rivolte verso la creazione di una televisione
su canale satellitare con possibilità di visionare i video in rete.
Poi, sul fronte della musica esiste Jamendo che rispetta le licenze e non mi pare si appropri di alcunchè.

Altrove (se può esistere
un altrove geograficamente delineato quando si parla di progetti
portati avanti in rete) si è messo a punto il progetto politico e
alternativo a youtube: Politube.org. Il sito dice:

"This website is a non-profit, digital video and audio streaming platform, operated by volunteers. The goal of the
platform is to present news and documentary material on current affairs subjects, e.g. various Middle-East
political crisis, the new-left in South America, Global Warming and European integration.
If you like to volunteer to help us, please contact us at adminATpolitube.org"

Questo
sito è una piattaforma streaming audio e video digitali no-profit
gestita da volontari. L’obiettivo della piattaforma è presentare news e
materiale documentaristico su questioni attuali che riguardano la crisi
politica nel medio-oriente, la nuova sinistra in Sud America, il
surriscaldamento del pianeta e le politiche di integrazione europea. Se
tu vuoi essere un volontario e vuoi aiutarci, contattaci su
adminATpolitube.org

(spero che la traduzione sia corretta)

Sul
sito al momento ci trovate interviste a Naomi Klein e a Noam Chomsky.
E’ o non è una utile alternativa e un esempio di quello che si potrebbe
fare oltre youtube? 

************

Approfondimenti:

—>>> Luci e ombre di google (E’ uno dei libri fatti dal gruppo di ricerca Ippolita: lo puoi scaricare o se ti piace puoi andare ad acquistarlo in libreria) 

—>>> Copydown.org (Sulle
autoproduzioni con una attenzione particolare a quelle musicali. C’e’
molto sulle questioni relative alle licenze, al no/copyright e al
pianeta infausto della Siae)


Hackit 2007


Update: Guardatevi il video Hacker’s Pornography e le immagini e i racconti sull’Hackmeeting (Qui trovate il materiale raccolto nei seminari) di Perplitudine 🙂 

************* 

L’hackmeeting è alla sua decima edizione. Quest’anno si fa a Pisa e ci troverete una grande quantità di acari, smanettoni e spiriti ammiccanti del
computer (per dirla con Cretox) , di persone che amano metterci le mani dentro per montarlo,
smontarlo, capire com’e’ fatto e poi condividere le informazioni
apprese. La prima volta che ne sentii parlare era l’anno 2001 e
l’hackit si svolgeva a Catania (al Freaknet Medialab da cui ora deriva direttamente il grandioso Poetry hacklab) dove esisteva un gruppo
che dell’hacking e della condivisione aveva fatto il motivo essenziale
di tanta pratica politica.

Vi dico ovviamente quello che ho capito io
che di macchine e smanettamenti ne capisco fino ad un certo punto. Il
mio incontro con questi poetici e strani figuri avvenne per esigenza di
un mezzo da utilizzare per dare informazioni, per comunicare.

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Pretofilia e dintorni

–>> Gioca a Operazione: Pretofilia <<– 

Torno
dopo un periodo di pausa forzata e in effetti la situazione non è
cambiata affatto. Anzi pare che i difensori della famigghia e dei preti sporcaccioni siano più agguerriti che mai (negheranno che un prete, almeno uno, è stato condannato?) , nonostante i Pride e altri momenti di visibilità e di lotta a Bologna i fascisti continuano
ad aggredire quelli che gli viene duro per un sesso che al duce non
piace e se non piace al duce allora giù botte. Le donne continuano ad
essere massacrate, picchiate, torturate, plagiate, minacciate e uccise.
Quando non c’e’ l’immigrato disponibile da incolpare si da fondo a
tutte le storie più fantasiose che mente umana possa mai partorire. Ci
sono anche gli stranieri di cultura maschilista, è vero, che non
integrati e costretti alla clandestinità si prendono quello che a loro
serve, compreso il corpo di una donna. Tutto è usa e getta in una
condizione di precarietà perchè dove non resti a mettere radici, a
costruirti una storia poi non temi di lasciare una "cattiva"
impressione alle persone che conosci. La clandestinità, l’intolleranza
e la precarietà unite ad una cultura maschilista, violenta e
patriarcale sono la somma perfetta dell’uomo che si sta costruendo in
Italia. Uno tra i tanti che fascista non è ma si comporta come tale,
che passa ore ed ore a farsi venire l’ernia al disco
perchè piegato a pregare un dio o due dii o vari allah e passa il resto
del tempo a difendersi dagli occidentali per non consentire loro di
cancellare la sua cultura. E’ complicato. Però le donne muoiono,
vengono picchiate e gli uomini di qualunque razza, cultura, religione
dovrebbero parlarsi di cosa è rispetto per le persone tra un tiro e
l’altro di una canna. Dovrebbero passarsi saperi sui diritti umani che
vanno oltre il diritto degli immigrati alla cittadinanza in ogni luogo.
Le donne non hanno cittadinanza nelle proprie case, non ce l’hanno in
nessun posto. Sempre all’erta, sempre a difendersi da tutto e tutti. 
La cultura cattolica viaggia di pari passo alle altre culture non
laiche. Bisogna parlarne perchè i cattolici non sono i soli a
inneggiare al duce in senso lato o reale e non sono i soli a
considerare le donne come esseri inferiori. Ogni chiesa va messa in
discussione. Nel frattempo, dato che i preti non smettono di molestare
e stuprare i bambini e dato che la chiesa non smette di disprezzare gli
innocenti stuprati non rifondendoli neppure della dignità e del
rispetto che a loro sono dovuti per aver denunciato, lottato, parlato,
noi possiamo dilettarci a praticare la filosofia ecclesiastica con un
giochino che ha subìto un "Vade retro Satana" e tremila scomuniche (tante quante sono probabilmente, se non di più, le anime che gravitano su Noblogs) per chi ne ha diffuso notizia.

In ogni caso ben ritrovati 🙂

Ciao a tutt@

Guarda il video  (South Park: Bloody Mary) e il pezzo sulla Bibbia e la disciplina domestica proposti da Fastidio

—>>>Da Femminismo a Sud


Sorelle d’Italia

Qualche giorno fa Giulia mi scrive e mi parla di un progetto appena nato: Sorelle d’Italia. Così mi invita a far parte della crew e io – tempo due minuti – accetto con entusiasmo.

L’idea di chiacchierare di
donne a più voci parodiando stili patriottici mi pare una bella sfida.
Così come è davvero bello sperimentare un confronto taglia e cuci che
poi è anche un incontro di presenze consolidate, di opinioni varie che
senza omologarsi tendono a rappresentare una complessità che oggi pare
impossibile leggere in ogni luogo, compresi anzi soprattutto quelli
dove si parla di corpi e metabolismi femminili.

Oggi vanno di moda:
generalizzazione e universalismi. Ghetti e nicchie di settore. Allora
spunta dal niente uno spazio a opinione multipla. E a me pare una bella
cosa.

Non si parla di cosmetici
e carnazza in esposizione. Tette ripiene e cosce liposuzionate. Si
parla di tutto con ironia e impegno, con leggerezza o apparente
svagatezza. Ciascuna chiacchiera di come vede se stessa, le proprie
cose e il mondo. Senza voler insegnare niente a nessuno. Senza che
questa costituisca una cattedra di competenti opinioniste su faccende
mestruate.

Solo donne
di vario genere che si confrontano e che in ogni parola lasciano
intendere di voler svelare verità negate, percezioni falsate. Ed è
quello che ho letto fino ad ora: ho visto che chi scrive vuole parlare
di qualcuna di queste verità confuse o neppure ammesse nel dibattito
che ci riguarda. Brutte, sporche e cattive. Belle, meravigliose e
differenti. Siamo individu* senza colonna sonora di "donne du du du, in
cerca di guai". Senza "angolo dell’ammore" e rubrica di ‘stu core.
Senza  "speciale donne" sulla tele nazionale per l’otto marzo. Senza
mimose fra i capelli…

Non so cosa diventerà
questo spazio. Per ora c’e’ e ci sono anch’io assieme a tante altre.
Intanto per apparecchiarmi all’ambiente corro a mettere un po’ di
cipria sul naso 🙂

—>>>Da Femminismo a Sud


Sessi a parte

Mentre
c’e’ tutto un mondo che si affanna per dividere la gente in maschi e
femmine, accade che queste categorie di riconoscimento dell’identità a
partire dall’organo sessuale di appartenenza non sono più valide.
Esiste tutto un movimento d’opinione che ragiona di epoca
post-identitaria e post-genere a partire da alcuni testi fondamentali
di certa corrente femminista. Ve ne cito due: "Manifesto cyborg" di Donna Haraway e "Corpi che contano" di Judith Butler. Al primo si associa la corrente cyberfemminista (il cyberfemminismo sarà poi definito per cazzeggio come ciò che "non è" dalle VNS Matrix) e al secondo quella queer.

Entrambe
partono dal presupposto che le persone non possono essere definite in
relazione alla propria rappresentazione biologica. In poche parole: non
si ritiene valida la equazione vagina=donna e pene=uomo. La conclusione
di questo ragionamento è che ciascuno può essere quello che vuole a
prescindere da quello che si ritrova – detto molto banalmente – in
mezzo alle cosce. C’e’ di più: questa esigenza di scrollarsi di dosso
le definizioni applicate alla nascita è anche profondamente legata alla
evoluzione della tecnologia. Il Cyborg della Haraway è così assai simile al Queer della Butler.

Un
Cyborg è un essere in stretto rapporto con la macchina, attraverso essa
si mette in relazione con gli altri. Così ricostruisce il proprio
genere praticando disobbedienza rispetto a chi l’ha registrato
anagraficamente a partire dal sesso. Il Cyborg è un essere umano
modificato, corretto dalla tecnologia: come chiunque abbia avuto
bisogno di una protesi o di un bypass. E’ anche quello che comunica
attraverso la macchina e questo facilita la scelta di ciò che vuole
essere o diventare.


Un soggetto Queer ha le stesse prerogative, amplia il concetto di
specificità di genere e traccia possibilità di trasformazioni,
evoluzioni verso ciò che si desidera essere (da crisalide a farfalla:
cambiamento evocato nel film "Il silenzio degli innocenti" e ben descritto laicamente nel film – che a me è piaciuto molto – "Transamerica"). Si può essere uomini, donne, gay, lesbiche, bisex, trans, transgender,
cyborg, e qualunque altra cosa che ci venga in mente. Soprattutto dai
soggetti non etero è venuta forte la spinta ad andare in una direzione
post-genere. Ed è attraverso ciascuna delle loro battaglie – oltreche’
delle mie – che mi riapproprio del mio corpo restituendo ad esso nuovi
obiettivi dopo che i vecchi sono stati distrutti. Così io so che non
"devo" essere etero ma posso sceglierlo senza negare ad altr* di essere
quello che desiderano. Io non sono una mucca d’allevamento riconosciuta
in quanto tale perchè alla nascita mi hanno spalancato le gambe per
scoprirvi fessure o palline. Io sono cyborg e queer perchè ho scelto
cosa diventare.

Le uniche cose che so e da cui parto: ho una
Fika e sono Sicula. Il resto sono affari miei. Io voglio appartenere ad
un mondo che concepisce qualcosa di più di una divisione in qualcosa
(chiamiamolo X) e nel suo contrario (chiamiamolo Y). Un mondo che non
fraziona tutto per codici binari, per bipolarismi. Perchè quello è il
mondo pensato a partire dagli uomini bianchi ricchi e etero. Un intero
pianeta pensato per gravitare attorno a loro, a partire da loro. Il
"fallologocentrismo" tanto descritto da Rosi Braidotti, filosofa che tra le altre cose ha scritto anche il testo "Madri, mostri, macchine" (Ed. Manifesto).

Va da se’ che queste teorie, che poi sono anche pratiche, non sono
sempre accettate. Anzi lo sono con grandissima difficoltà. Per molto
tempo anche in alcuni contesti femministi, per diversità e convinzione
o perchè educate a usare per i loro ragionamenti parametri maschili, è
stato improponibile riuscire a parlare di lesbiche o trans come
"sorelle": entrambe per scelta. Alle prime è stata spesso, in passato,
negata la possibilità di vivere la propria diversità senza per questo
optare per una sorta di mascolinizzazione. A loro non veniva
riconosciuto ad esempio il desiderio della maternità o comunque la
possibilità di esprimere la propria opinione rispetto a specificità di
genere che comunque avevano a che fare con corpi mestruati.

Alle seconde non si riconosceva neppure lo status di "donne". Erano
solo travestiti a cui piacevano gli uomini. Quando si scoprì che quelli
che venivano chiamati "travestiti" preferivano anche le donne e si
autoproclamavano "lesbiche" fu davvero troppo. Non tutt*, capisco,
possono reggere a simili novità. Perchè in fondo, anche se di donne ne
abbiamo scoperte diverse (nere, bianche, gialle, verdi, etc etc) quello
che tranquillizzava era scoprire che tra le gambe avevano qualcosa di
noto. Immagino la corsa affannosa, tutt* intent* a sollevare la gonna o
ad abbassare i pantaloni e poi con la lente di ingrandimento per
individuare anche la minima escrescenza estranea. Tutto come in
fabbrica. Come al rullo di selezione – questo si, questo no – del
prodotto venuto bene e dello scarto di fabbrica o del raviolo alla
ricotta e quello con i funghi porcini.

Uguale. Invece esiste
anche qualcun* che non c’entra con quello che già conoscevamo e
possiamo chiamarla sorella, se lo vuole. Di queste sorelle,
penso, si ha un gran bisogno. Soprattutto abbiamo bisogno, io credo,
oggi più che mai, di decidere chi siamo senza che altri debbano imporci
nulla.

!!!!!!!! 

*** La Wonder Queer fa parte della splendida collezione delle/gli "Imbattibili", nuove soggettività in azione per la May Day

—>>>Da Femminismo a Sud


Gestione dei commenti – post temporaneo

Questo è un blog e non il newswire di Indymedia. La
policy di cancellazione dei commenti è stabilita secondo criteri
soggetti unicamente ad approvazione o modifiche di chi gestisce questo
blog.

Non sarà permesso usare questo blog come sfogatoio di chi, protetto dall’anonimato [vedi anche: servizi di anonimato su autistici],
vuole infamare e regolare i conti con persone o gruppi di persone con
le quali, evidentemente, non ha il coraggio di chiarirsi faccia a
faccia.

Saranno cancellati i commenti fascisti, razzisti, sessisti, molesti,
strumentalmente provocatori e polemici, con insulti, con insulti
anonimi, quelli con minacce di ritorsione, quelli che esibiscono crisi
da trascuratezza o abbandono, quelli che definiscono lo stato d’ansia
patologico e morboso di persone invadenti e/o maschiliste (non sono una
psicologa, abbiate pazienza ma non posso occuparmi di voi :P).

Tra gli insulti si annovera anche la definizione (usata a mo’ di
insulto): vetero femminista. Perchè? Manca di originalità. E’ roba
talmente noiosa da spararsi una noce di cocco in vena. E poi, giusto
per dire, non ho tempo da perdere appresso alle provocazioni inutili e
idiote.

Non si accettano neppure ricatti di nessun tipo. La minaccia di infamarmi perchè non permetto di usare i commenti per buttare fango su altre persone o gruppi definisce solo la persona che compie queste azioni. Ebbene si, ti ho cancellat*. QUI non puoi urlare allo scandalo. QUI non puoi invocare l’intervento di garanti per la salvaguardia dei commenti dei vigliacchi. Dei tuoi ricatti e delle tue minacce me ne fotto.
Non vieni a casa mia a dire porcate contro me e altr*. Se senti
irrefrenabile il bisogno di esprimere le tue variopinte opinioni il web
2.0 ti offre una miriade di opportunità. Puoi aprire un tuo blog,
fare un video e uploadarlo gratuitamente su un milione di siti, mettere
online tante belle foto. Insomma: devi proprio venire a scassare le
ovaie qui?
:)))P

Per tutt* gli/le altre: nel blog i commenti sono temporaneamente sottoposti a moderazione
fino a che quest* vigliacc* non la smette di censurare, invadendo e
pretendendo aggressivamente attenzione, la possibilità di avere uno
spazio di discussione e di confronto libero e costruttivo.

—>>>Da Femminismo a Sud


Cartografie resistenti: raccontare la città e la complessità

Come
si racconta una città? Con le parole,  con i disegni, con le relazioni,
con le  esperienze che coinvolgono corpi e sensi.  Con le psicogeografie.
Una città raccontata è anche passata minuziosamente al setaccio ed è lì
che si  vede cosa rimane impigliato e cosa no.  Luoghi, persone, forme
di dissenso, conflitti,  poteri.

Diventa una indagine che
studia la  complessità a partire da uno schema che  parte da un punto –
mettiamo che sia una strada, un quartiere – che poi si amplia a
raggiera per alimentare o farsi alimentare da altri punti in una rete
di nomi, fatti e cose ai quali non si permette di essere letti in forma
isolata. Tutto deriva da, tutto dipende da, tutto confina con, tutto
porta a qualcos’altro.

Nulla esiste come fatto isolato, come
momento a se’. Per ogni cosa le responsabilità e i meriti scorrono
lievi da un segno all’altro, perdendo di intensità man mano che si
allontanano dal luogo di partenza, sviluppando nuove strategie per
attraversare ogni confine che incontrano. Ma i meriti o la
responsabilità restano. La linea che unisce quei punti c’e’ tutta. Non
si interrompe.

E mentre c’e’ chi insiste nella frammentazione, nella presentazione di pezzi di realtà al centimetro, c’e’ invece chi costruisce progetti
complicati per leggerla o provare a leggerla tutta intera. C’e’ chi
ridisegna i confini della vita vissuta, così come un tempo furono
realizzate le carte per descrivere la vastità del nostro pianeta, e lo
fa attraverso uno strumento vecchio ma anche nuovo: la mappa. 

Cartografie resistenti questa cosa la fa utilizzando la tecnologia. Non solo: E’ una tecnologia che utilizza sistemi di partecipazione collettiva (Twiki)
di cui altri meglio di me sicuramente possono e sanno parlare. La
questione che ci riguarda è però che uno strumento del genere può
davvero permettere di dare uno sguardo – anche distratto per chi non ha
tempo – ad una città (come in questo caso) guardandola per insiemi, per
reti di affinità, per armonie e disarmonie, per luoghi liberati ed
altri ancora prevaricati. Tutto condito da una filosofia di base che è
certamente di parte, ma che già si piglia l’onere di tessere
complessità dove altri invece stabiliscono limiti deleteri e
parcellizzazione delle verità.

Di tutta la parte spiegata e condivisa al workshop che ieri i/le cartograf* resistenti hanno proposto all’Asilo Occupato,
mi hanno entusiasmato l’intelligenza, il ragionamento, la generosità e
la genialità del produrre o riadattare, modificare programmi, software
per darsi/dare risposte ad una esigenza collettiva, per tessere un
mosaico che non è fatto di guadagni e spesso neppure di gloria e
gratificazioni personali. 

E’ la stessa generosità che si legge
in molti altri progetti di cui spesso l’unica parte che si conosce è
l’interfaccia grafica di un sito. Autistici/Inventati,
che ospita anche questo blog, per dirne uno. Ma ce ne sarebbero molti
altri, che non censisco per ora perchè vale la pena farlo per bene,
senza far torto a nessuno, rispetto ai quali nutro la stessa complessa
– perchè fatta di conflitti
e amore incondizionato allo stesso tempo – inevitabile ammirazione.
Così affascinata e sedotta volgo al termine di questo mio report
semiserio – mentre muovo il corpo al ritmo della musica marocchina di
marocco dell’Orchestre National de Barbes, uguale spiccicata a quella
di Enzo Avitabile tranne per le lingue – sulle fascinazioni e le
passioni civili.

Al workshop io c’ero come inviata speciale di un gruppo di donne meravigliose che fanno parte del Centro Documentazione Carlo Giuliani
con le quali abbiamo tanto discusso di mappe dei corpi, della città
attraverso i corpi, attraverso i sensi, per segnare anche da un punto
di vista di genere i luoghi di ostilità e quelli non ostili. Pezzi di
complessità da inserire tra altre complessità. Da sommare, fare
insieme, condividere. Ispirate e complici anche di progetti come quello
portato avanti dalle meravigliose Sexyshock e da chi ha organizzato il festival Cartografie in Erba.
Tremo pensando a quando mi fermerò a spiegare alle mie compagne di
percorso come inserire un testo o una immagine nel bel mezzo della
mappatura. Magari un altro workshop (tra qualche mese) aiuterebbe 🙂

E infine un annuncio: l’indagine/mappa dei consultori delle Vagine Volanti
è finalmente online. Assistere ieri durante il workshop all’upload dei
materiali, con tutto il carico di ansia, di suspence (perchè quella
foto proprio non veniva su) che abbiamo condiviso è stato emozionante
come se avessi assistito ad un lungo e laborioso parto.

Il figliolo o la figliola (cyber/queer per forza di cose) dat* alla luce si chiama ConsultiAmoci ed è una utilissima guida dei consultori radiografati dagli occhi, dalle camminate e dalle ore di anticamera delle Vagine.
Ne esce fuori un quadro effettivamente imprevedibile e tristissimo se
si pensa che si tratta di sanità pubblica toscana, compagnona e tanto
ma tanto sedicente laica.

I consultori sono pieni zeppi di
obiettori di coscienza, di gente che non sa o non avrebbe problemi a
dividere la scrivania con quell* del movimento per la vita e vi sono
solo alcune fasce orarie precise – segnate su ConsultiAmoci – durante le quali si trova qualcuno disponibile per parlare di interruzioni di gravidanza o anche solo per prescrivere la pillola del giorno dopo. Per gli ospedali in cui si realizza l’intervento di interruzione il quadro è ancora più deprimente.

La
cosa grave è che negli ultimi anni siamo passati dall’uso del verbo
"prevenire" a "disincentivare". Riepilogando: chi ha la responsabilità
degli aborti fatti a pagamento negli ambulatori privati? Chi promuove e
incoraggia il business degli aborti con residui di placenta nel corpo,
con emorraggie non tamponate, con morti taciute? Chi ha deciso che può
abortire solo chi ha i soldi? Di chi è la responsabilità di quei
bambini lasciati tra l’immondizia per i quali facciamo a gara a
sprecare lacrime e commozione?

Vi lascio con l’entusiasmo per
uno splendido progetto, per una bella e necessaria indagine  e
l’amarezza per domande alle quali nessuno vorrà dare risposte serie.
Anzi no, vi lascio con il sapore del pane buonissimo, fatto in casa,
con le cipolle o non so che altro, accompagnato da verdurine e humus,
che ho mangiato all’Asilo Occupato dopo workshop. 😉

—>>>Da Femminismo a Sud


Netiquette femminista

Avete presente la netiquette? Voglio emendarla. Se faccio sul serio? Non so. Intanto mi invento una netiquette femminista 🙂

Se
è vero che la rete è uno spazio libero dove si realizza una sorta di
abbattimento delle barriere sociali e non ci sono più differenze
eccetera eccetera, allora perché la netiquette privilegia solo gli
addetti ai lavori?

Frequento la rete da
molti anni e il mio punto di vista è che la storia dell’abbattimento
delle barriere è tutta una balla buona per lasciare spazio a forme di
egemonia ambigue e totalitarie.

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La
rete può essere un fantastico luogo di lavoro e di socializzazione
creativa o un corridoio buio attraverso il quale il passaggio è
costellato da schiaffoni e pedate nel culo da parte di mani e piedi
invisibili (perchè tutelati da un anonimato che certo servirebbe a
preservare aree di libertà e non a diventare rifugio di codardi che di
mestiere sanno solo insultare e diffamare). Roba da far venire la
sindrome da accerchiamento o la paranoia (termine assai usato nella
rete).

La rete è una beffa perché finge di accogliere chiunque e
finisce per essere costellata da centinaia di luoghi settari che
privilegiano il concetto utilitaristico e meritocratico di capacità
produttiva (senza differenze di genere, certo).

La
rete è una piazza irrispettosa dove non si tiene conto delle differenze
perché tenerne conto sarebbe troppa fatica. Così si continua in una
utopia alla quale nessuno in fondo crede più, perché il restringimento
degli spazi e la burocrazia dei gruppi dice che c’e’ molto poco di
libero nella rete. Solo rari esempi che sopravvivono per convinzione
umana e politica e che di tanto in tanto provano a guardarsi dentro per
capire come procedere. Esempi che hanno a cuore la libertà in rete e si
preoccupano del reale restringimento degli spazi determinato dal
tecno-controllo e dalle costanti violazioni della privacy.

Come
nella vita reale, nella rete ci sono gruppi di affinità, ci sono
livelli di diversità che non vengono trattati in maniera adeguata. Io –  sebbene
un po’ vi abbia fatto l’abitudine – non riesco comunque a immaginare
una conversazione tra un ragazzino di 15 anni e una donna di 60 che
vada diversamente da un: “Mi spieghi per favore come posso fare questa
cosa?” e lui “Sbattiti e impara. Cerca su google.it e troverai tutti i
manuali che ti servono…”

Dove sta la libertà
in una conversazione come questa? Dove sta l’assenza di regole? Dove
sta la comunanza, la condivisione,
l’abbattimento/accettazione/comprensione delle diversità? Di quali
diversità si parla allora? Di quelle di genere? Quando stiamo nella
rete noi smettiamo di essere donne? Gli uomini smettono improvvisamente
di essere uomini? Smettiamo di essere di culture, di età e formazione
diverse?

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