Chi tocca i maschilisti muore!

Ce l’hanno con noi. Non possono proprio rinunciare a esibire i loro commenti qui. Ci sono tanto ma tanto affezionati a tal punto che come forma di ribellione, in piena crisi d’astinenza da pubblicazione di commenti su questo blog, stanno parlando di noi nel loro Forum Maschile. Non possono proprio farne a meno!

Ci avvisa Rosa, nostra assidua frequentatrice che come noi si preoccupa dello stato della rete e osserva tutti i gruppi sessisti che gravitano nel web. Ci dice che parlano male di noi. Andiamo a dare un’occhiata ed è interessante il fatto che continuano ad insistere sui dati. Sono quelli che a loro stanno a cuore. Quei maledetti dati che dimostrano che le donne muoiono per mano degli uomini. Hanno una forte esigenza di essere riconosciuti, visti, guardati questi maschilisti del forum. Hanno la necessità di non essere "trascurati" questi uomini bisognosi di attenzioni e d’affetto.

Lo manifestano così, dicendo peste e corna di noi che lottiamo affinchè la cultura non sia sessista e misogina, affinchè gli uomini la smettano di fare male alle donne e commentando in maniera abbastanza eloquente articoli dei quotidiani che parlano di stupro. Prendete questo (clikkate sulle immagini per ingrandirle):

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Intercettazioni, il trucco c’e’ e si vede

Ancora: va avanti il Ddl sulle intercettazioni. Non si possono pubblicare nomi e foto dei magistrati che si occupano di una determinata inchiesta, il magistrato non potrà rivelare nulla altrimenti viene trasferito e punito, c’e’ il divieto assoluto di pubblicare gli atti di una indagine, il contenuto delle intercettazioni che coinvolgono persone che non sono direttamente imputate. Potranno essere intercettati tutti i reati con pene superiori ai 5 anni, compresi quelli contro la Pubblica Amministrazione; ingiuria; minaccia; usura; molestia; traffico-commercio di stupefacenti e armi; insider trading; aggiotaggio; contrabbando; diffusione materiale pornografico anche relativo a minori. Niente intercettazioni delle persone accusate (qui l’opposizione insiste sulla necessità di usare le intercettazioni sugli stupratori e sugli accusati di stalking per i quali è prevista una pena inferiore ai 5 anni). Non si potranno più fare riprese in tivu’ a meno che tutte le parti non siano d’accordo.

Questa storia delle intercettazioni non ci appassiona moltissimo perchè si capisce perfettamente che si vuole evitare che si facciano processi in pubblico per certe persone. Tutte le altre non godranno di nessuna tutela. La cosa grave è la punizione, con il carcere, per i giornalisti. Una cosa che in america per esempio non sarebbe assolutamente tollerata. Un rammarico ci spetta perchè è proprio grazie alle riprese durante i processi per stupro che fuori dalle aule di giustizia si è potuta fare una battaglia culturale in favore dei diritti di tutte le donne. L’altra cosa che si nota immediatamente è la assoluta incoerenza di questa legge con le proposte che stanno arrivando numerose, di controllo e censura delle comunicazioni via web.

A cosa serve una legge che impedisca le intercettazioni telefoniche, tenendo conto che noi siamo in generale per la non violazione della privacy, se il senatore d’alia con la sua proposta di legge ordina il filtro dei contenuti in rete all’origine, quindi a partire dal provider, cioè a partire da chi ci da la connessione?

Non solo: ci si mette anche l’onorevole Carlucci del Pdl con un altra proposta di legge che vieterebbe qualunque forma di anonimato per le comunicazioni in rete. Vale a dire che nell’uno e nell’altro caso ogni nostra comunicazione, anche privata, a partire dalle mail per esempio, non potrà essere compiuta in chiave criptata. Quindi sarà necessariamente pubblica e disponibile ai provider i quali ne disporranno secondo la applicazione della proposta d’alia per sorvegliarne i contenuti. La Carlucci fa di più: estende i reati anche nei luoghi virtuali. Quello di diffamazione a mezzo stampa, per esempio, potrebbe essere applicato anche per un contenuto scritto su un semplice blog che organo di stampa non è.

Alla luce di tutto ciò, ovvero del fatto che esiste ed esisterà una sorveglianza indiscriminata di tutti i cittadini e di tutte le cittadine, e dato che le comunicazioni oramai non viaggiano più per telefono (se persino i mafiosi si parlano su skype) a cosa serve una legge che vincola le intercettazioni telefoniche solo ad alcune tipologie di reati eccetera eccetera se non a limitare la libertà di stampa e a subordinare ancora una volta i magistrati al potere del governo? (cosa già ribadita con la riforma della giustizia che rende le polizie giudiziarie indipendenti sul piano delle indagini e i magistrati subordinati al ministro)

—>>>Tratto da un post che comprende anche la descrizione di altri provvedimenti del governo di femminismo a sud


Wikipedia e il maschilismo, ancora

http://1.bp.blogspot.com/_TsMvn6RhpYA/SMqk7hL6QgI/AAAAAAAAAQI/65jx8wVk8J8/s400/uffa.gifDi Wikipedia sotto attacco si parla in tanti/e. Questa settimana ne parla il magazine di Liquida, che sintetizza manipolazioni fatte anche nei wikipedia di altri paesi. In tempi non sospetti, già lo scorso novembre, Il Paese delle Donne pubblicava un pezzo nel quale raccontava – immaginando l’errore fatto da persone in buona fede e senza sospettare che ci fosse dietro un disegno di mistificazione precisa – di un altro esempio di totale disinformazione alla voce "maschilismo".

La pagina è chiaramente integrata o riscritta dallo stesso gruppo di "maschilisti" che sono responsabili della modifica di decine di pagine di wikipedia che hanno a che fare con le questioni di genere, stupro, violenza, sessismo, femminismo.

Proprio ieri il gruppo di persone che volontariamente seguono il progetto hanno cancellato la pagina "antifemminismo" della quale avevamo parlato e che non riportava altre fonti se non le opinioni personali di un gruppo preciso di uomini. Tutto quello che abbiamo scritto sulla questione potete leggerlo qui, qui e qui. Noi proviamo a lasciare alle nostre figlie un mondo diverso e una Wikipedia accessibile e lasciamo voi al pezzo de Il Paese delle donne.

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Wikipedia under attack fascio-maschilista. Update

Avevamo visto un po’ di link esterni che portavano dritti a gruppi neofascisti. Abbiamo trovato e segnalato anche una pagina alla voce "antifemminismo" che ora è al vaglio della cancellazione.

Riassumo la vicenda.
Wikipedia è uno strumento aperto ai contributi dei lettori. E’ in wiki,
a scrittura collettiva, e i contributi secondo le regole dovrebbero
avere un qualche criterio di veridicità storica e documentata.

Il progetto aperto
però, come spesso accade, attira le attenzioni di chi vorrebbe operare
revisionismo riscrivendo da se’ pagine varie in modo da poter dire
documentabile una sua personalissima tesi non dimostrata in nessun
modo.

Salto la questione dei fascisti dei quali abbiamo parlato nel post precedente. Mi rifiondo sulla storia dell’antifemminismo. In questo link [Leggi]
trovate quanto già scritto e anche altri link che portano dritto a siti
di individui che definiscono "antifemminismo" una serie di scritti
fortemente misogini che vorrebbero giustificare lo stupro e che negano
la violenza subìta dalle donne.

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Senatore, mi oscura la Sicilia per favore?

Alessandro Giglioli intervista il senatore
Giampiero D’Alia dell’Udc. Si parla dell’emendamento che ha presentato
attraverso il quale configura una serie di molteplici reati di opinione
e stabilisce che qualunque spazio su internet che non cancella anche
solo un commento che esprime parere positivo relativamente una
qualunque questione "penalmente rilevante" deve essere "oscurato". Uno
degli argomenti usati per arrivare a questa in-felice conclusione è la
storia dei gruppi-prostupro su facebook. Ne abbiamo parlato ampiamente qui
provando anche a immaginare forme diverse di autodifesa che non
necessitano dell’intervento (ahinoi invocato) delle forze di polizia
per avere garanzia di maggiore sicurezza anche nel web.

La cosa che viene subito
in mente dopo avere ascoltato questa intervista è che l’idea di potersi
occupare delle opinioni di chiunque non appartiene solo ad una certa "sbirritaggine"
ma ad una intera cultura sociale della "giustizia" che immagina di
poter cancellare un fenomeno oscurando internet, criminalizzando intere
etnie, bombardando stati. Salvo alcune eccellenti eccezioni. D’Alia è
siciliano e questa cosa la sa. Persino nel suo partito c’e’ chi ha
festeggiato con i cannoli perchè è stato condannato per favoreggiamento
semplice piuttosto che complesso (alla mafia). In Sicilia è notorio che
chi dice che la mafia non esiste "ha diritto alla sua opinione". Non
penso sia mai venuto in mente a nessuno di bombardare l’isola o meglio
di oscurarla (oppure si?) perchè vi sono alcuni suoi abitanti che non
manifestano sufficiente opinione critica a proposito di mafia.

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Wikipedia in mano a fascisti e maschilisti?

Update:
dopo la pubblicazione di questo post, che vi invitiamo comunque a
leggere, abbiamo pubblicato un aggiornamento con altre notizie
altrettanto importanti. [Leggi

Già qualche giorno fa accennavamo che cercare una risorsa su wikipedia (italia) a proposito di organizzazioni neofasciste è diventato un po’ complicato. Ci sono pagine infarcite di link a forza nuova e ad altre organizzazioni simili. Pagine "informative" che finiscono casualmente per accreditare e illustrare un mondo di celtiche e svastiche, simboli e ideali che conosciamo bene.

I fascisti prendono tutto, con loro non si scherza. Volevano prendersi anche il web, ce l’hanno detto più volte. L’hanno scritto. Lo fanno da tanto tempo. Sin dalla prima Indymedia, con l’open publish che veniva sporcato continuamente con contenuti da fasci in missione virtuale. Hanno sempre aggirato, raggirato e sfruttato le modalità libertarie che stavano dietro l’open publish, i progetti in wiki di scrittura collettiva. Sono terroristi del web, che non rispettano alcuna netiquette. Ce l’hanno sempre detto. Sapevamo che non si trattava di uno scherzo. Perciò abbiamo sempre parlato di partigianeria digitale.

Molti fascisti, appartenenti a organizzazioni di destra, ex candidati nella lista "Aborto no grazie" dei fanatici pro-life, sono anche titolari di siti antifemministi. Ne abbiamo parlato e riparlato dicendo chi sono e cosa fanno.

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Sicur@ che basti?

http://3.bp.blogspot.com/_NfNYD8bJzzM/SM7ORyNLLPI/AAAAAAAABWY/f5JSLi96C8I/s400/toda%2520censura%2520e%2520nociva_0.jpgLa Repubblica dice:

Ok a norma contro apologia mafia sul web. Il Senato ha approvato nel ddl sicurezza l’emendamento proposto dal capogruppo Udc Gianpiero D’Alia, riformulato e quindi accolto dal governo, che vieta l’apologia o l’incitamento via Internet o telematica in genere dell’attività della criminalità organizzata, delle associazioni eversive, nonché di incitamento alla violenza sessuale, all’odio etnico, razziale e religioso. Fenomeni come quelli dei gruppi pro-Riina apparsi su Facebook, quindi, non saranno più ammessi.

Il Corriere specifica:

Il braccio della legge entra deciso anche nel web. Il Senato ha approvato infatti, nell’ambito del disegno di legge sulla sicurezza, un emendamento del presidente dei senatori dell’Udc, Giampiero D’Alia, che prevede la repressione dei casi di apologia e incitamento via internet di associazioni mafiose, criminose, eversive, terroristiche, oltre che di violenza sessuale, discriminazione, odio etnico, nazionale, razziale e religioso.

[…]

«In caso di accertata apologia o incitamento, il ministro dell’Interno – si legge nel testo – dispone con proprio decreto l’interruzione dell’attività indicata, ordinando ai fornitori di servizi di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine, applicando sanzioni pecuniarie per gli inadempienti». «In questo modo – commenta D’Alia – diamo concretezza alle nostre iniziative per ripulire la rete, e in particolare il social network «Facebook», dagli emuli di Riina, Provenzano, delle Br, degli stupratori di Guidonia e di tutti gli altri cattivi esempi cui finora si è dato irresponsabilmente spazio».

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I video game e le programmatrici discriminate

Da Punto Informatico

Roma – I videogiochi hanno subito sino a tempi recenti lo stigma di essere un prodotto fatto da maschi per altri maschi. Quantunque ormai sdoganata l’idea di una ragazza intenta a divertirsi con la Playstation, non altrettanto appartiene all’immaginario collettivo la figura di programmatrice o declinare al femminile un qualsivoglia impiego nell’industria videoludica nonostante l’impegno di organi quale il Women In Games International.

sviluppatriciPunto Informatico ha già investigato di recente le ragioni di un disamore del gentilsesso per una carriera nel mondo IT, stavolta però è un sondaggio di una facoltà britannica a vagliare elementi di discriminazione verso le donne interessate ad un lavoro in questo campo. Abbiamo quindi interrogato Julie Prescott, ricercatrice all’Università di Liverpool e curatrice, nel più ampio progetto Breaking Barriers in the Workplace, della ricerca sugli ostacoli all’avanzamento professionale in rosa nel settore videogame.

Punto Informatico: Sei in possesso di qualche risultato preliminare da condividere coi nostri lettori? Esiste qualche concreta barriera nei confronti delle donne per un iter lavorativo nei videogiochi?
Julie Prescott: Secondo le statistiche del 2006 solo il 12% dei dipendenti dell’industria videoludica britannica sono donne e l’IGDA (International Game Developers Association, ndr) ha riscontrato dati simili negli USA e in Canada. Al momento sto cercando di reperire risultati su scala mondiale.

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Al Jazeera diffonde video in CC

http://mediaoriente.files.wordpress.com/2009/01/aljazeeracc.jpg?w=270&h=227Giusto ieri si parlava di licenze creative commons a proposito del comitato antipirateria messo in piedi dal nostro governo includendo tra i membri la Siae in una totale dimostrazione di conflitto di interessi. Oggi veniamo a conoscenza del fatto che Aljazeera ha messo a disposizione per il pubblico i propri video con licenza Creative Commons.

La opzione che ha scelto è quella che permette la copia e diffusione con attribuzione alla fonte, ne vieta l’uso per motivi commerciali e non consente di farne opere derivate. E’ una attribution che da esclusivamente credito alla fonte e non c’e’ dunque una reciprocità della condivisione (share alike, condividi allo stesso modo). Sia Espanz che il blog Mediaoriente sono d’accordo nel dire che Al Jazeera, mentre il nostro contesto giornalistico è patetico e si serve di schemi anacronistici, è invece al passo con i tempi e ha capito come utilizzare la rete per una rapida diffusione di notizie a costo zero.

Lo ha dimostrato prima con twitter, poi diffondendo video attraverso youtube. Ora questa altra mossa che rende l’emittente simpatica agli amanti del filesharing e allo stesso tempo si propone di utilizzare il massimo potenziale di diffusione volontario caratterizzato da ogni spazio in rete. Come dire: noi siamo tranquilli perchè possiamo mettere in circolazione i video di Aljazeera senza essere tacciati di pirateria e il canale tivu’ si assicura una ampia diffusione dei video con un ritorno di immagine e di ascolti. Si tratta pur sempre di una tivu’ commerciale. In ogni caso ha fatto una gran cosa.

E pensare che in Italia non si riesce a fare affezionare alle licenze Creative Commons neppure i creativi dell’area politica più a sinistra. Chiedetevi perchè nei libri che acquistate, nella musica, nei video, nei documentari, nei saggi trovate sempre il bollino Siae. Chiedetevelo e quando avrete capito che state foraggiando una impresa che lucra sul vostro prodotto e prevarica ogni principio minimo della condivisione allora forse potrebbe essere interessante per voi dare un’occhiata alle licenze CC.

—>>>I video di Al Jazeera in CC stanno qui: http://cc.aljazeera.net/

Update: nella discussione che prosegue su Giornalismo Partecipativo, Hjk mi fa notare che nel comunicato trasmesso da Al Jazeera c’e’ scritto che si incoraggia la distribuzione anche per motivi commerciali purchè ci sia una attribuzione alla fonte. Il disclaimer sulla home del sito però fissa i link su una licenza CC 3.0 che non consente uso commerciale. Hjk attribuisce questo ad un errore, cosa che sembrerebbe vera se ci fidiamo del comunicato. Nell’attesa che la home del sito di Al Jazeera descriva in modo coerente le proprie intenzioni ci accontentiamo di divulgare i loro video per motivi non commerciali. E’ già molto! 

da Femminismo a Sud


Allatti? Copriti, svergognata!

http://malapecora.noblogs.org/gallery/401/tettarotta.jpg

A proposito di "vietare l’osceno": guardate un po’ che succede su facebook. Di divieto di esposizione delle tette che allattano ne avevamo già parlato QUI. Ora più che parlarne, data l’assurdità della questione, suggerirei una catena di pubblicazioni di tette che allattano. Sarebbe ora di dire basta a questa censura misogina che deforma l’immaginario delle persone vietando persino che abbiano chiara la percezione del rapporto di carne e sangue che esiste tra una madre e la propria figlia o il proprio figlio. Io per ora non allatto e dunque prendo in prestito la tetta di Malapecora che allatta la meravigliosa Antonia.

E’ comunque veramente singolare che su facebook restino intatti nickname come "ebreo coprofilo merdoso" assieme a gruppi che progettano lo sterminio di rom, la carbonizzazione di centri sociali, e che esprimono valutazioni delicate sulle donne chiamandole non raramente vacche, e poi siano giudicate "oscene" le foto di madri che allattano i propri figli e le proprie figlie. Scatenare contraddizioni in quel luogo, così come in tutta la rete è okay ma riflettendo: quali sono gli altri spazi della rete che non impongono questi stessi limiti e queste stesse restrizioni nel mondo del social network? Servizi blog? Community? Canali di ricerca? E’ una questione che riguarda solo facebook o tutta la rete?

Parliamone.